«In Europa cis sono 700 mila frane, di queste 500 mila si trovano in Italia».
In
pochi numeri Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei
geologi, fa capire le dimensioni dei fenomeni franosi nel nostro Paese.
Cioè circa il 70% di tutte le frane del continente europeo sono
concentrate da noi. È il dato allarmante che emerge dal convegno dei
geologi europei a Roma, dove si è fatto il punto sullo stato del
dissesto in Italia e in Europa, sulla crisi occupazionale e sulle nuove
opportunità per la professione.
Tre cose da fare
«In Italia non
siamo capaci di programmare», osserva Graziano. E invece tra Vajont
(1963), Valtellina (1987) e Sarno (1998), solo per citare le più
eclatanti, dovremmo farlo. «Tre le cose da fare: nell’immediato puntare
sugli investimenti, nel medio termine fornire la giusta consapevolezza
alle persone, e nel lungo periodo pensare a una revisione della
normativa». Per Graziano «c’è da piangere» se si pensa che «franano
alcuni centri storici e preziosi beni culturali tra i più importanti al
mondo: da Pompei ad Agrigento, alla Valle dei Templi a Sibari sotto il
fango. E anche Roma ha problemi di dissesto. Eppure la prevenzione costa
3-4 volte meno che riparare i danni. Per di più in questo modo perdiamo
cultura, turismo, immagine», aggiunge il presidente del Consiglio
nazionale dei geologi.
Geologi: tanti, ma non utilizzati
Fa poi rabbia pensare che l’Italia è la nazione con il maggior numero di geologi. «In Europa sono 30 mila, e la metà sono italiani», spiega Domenico Calcaterra, segretario generale della Federazione europea dei geologi. «Con la nuova figura dell’euro-geologo i nostri geologi saranno sempre più richiesti; da quest’anno il Consiglio nazionale dei geologi italiani potrà rilasciare il titolo di euro-geologo con il quale il professionista potrà operare sul mercato europeo».
Rischio vulcanico
L’Italia non solo presenta rischi sotto il profilo idrogeologico, ma è bene ricordare che è anche presente un forte rischio vulcanico. Martedì 18 marzo sono 70 anni esatti dall’ultima eruzione del Vesuvio. «Non è che sia cambiato tantissimo», avverte Graziano. «Del rischio vulcanico sembra ci sia meno consapevolezza». Per Calcaterra è invece «cambiato qualcosa» se si guarda alla nuova perimetrazione della zona rossa che ha subito «modifiche sensibili» e al fatto che «in Campania si parte con un bando per un finanziamento specifico per aiutare i Comuni che dovranno avere un piano entro dicembre 2015». Calcaterra fa presente che a Napoli oltre al Vesuvio ci sono anche i Campi Flegrei, ma che insieme all’Etna sono «tra i vulcani meglio monitorati al mondo».
Corriere della Sera
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